superstizioni il bonum e il malum - Luigi Albano

LUIGI
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Il bonum e il malum

Ho sempre letto e riletto con crescente ammirazione quella pagina sublime del Goethe, là dove Mefistofele camuffato da Dottor Faust scrive sull'album dello studente, che aveva implorato da lui un autografo, quelle parole: Eritis sicut Deus scientes bonum et malum!

Di certo Goethe, nell'olimpica serenità della sua mente, aveva scritto quelle parole come divisa della sua vita fin dalla prima giovinezza, stringendo in esse tutta la sapienza del pensatore, che lontano egualmente dallo sconforto del pessimismo e dalle bonarie ingenuità dell'ottimismo, vede dall'alto ogni cosa e segue con occhio sereno, senz'ira e senza entusiasmo, l'oscillare eterno del pensiero e delle umane azioni, fra i due opposti poli del bonum e del malum.

Ciò che Mefistofele scrisse all'ingenuo studente tedesco come precetto primo e guida della vita, oggi la scienza ha scritto sulla propria bandiera, studiando tutto ciò che è nella natura, senza scrupolo e senza repugnanza e assoggettando allo scalpello dell'analisi il bonum e il malum.

Chi studia soltanto l'una o soltanto l'altra di queste faccie del vero, non intende che la metà della natura; e quel che è peggio conosce male anche quella.

Ecco perchè si studiano oggi anche le superstizioni, che sono un malum nella storia del pensiero umano, ma che ad esso appartengono come le malattie e come le mostruosità sono una forma patologica della vita e dell'organismo.

La medicina popolare è il patrimonio d' ignoranza e di paura che i figli ereditano dai padri, e che arricchito dai capricci della moda, dalle bizzarrie della fantasia e dai misteri del ciarlatanesimo, si trasmette di generazione in generazione, come una delle eredità più, sacre.

Le superstizioni mediche sono fra tutte, forse le più interessanti a studiarsi, non solo per l'importanza grandissima che hanno sulla salute e sui costumi di un popolo, ma anche, perchè la loro analisi psicologica è fra le più curiose e feconde. Se mi permettete l'inverecondo paragone, direi che una superstizione medica è un mirifico pasticcio, in cui entrano tutti quanti gl'intingoli della cucina psichica.

Tu vi trovi infatti il quid divini d 'Ippocrale e le segnature arabiche, le divinazioni del pazzo e le analogie fantastiche del
poeta, l'eco delle grandi scoperte della scienza, e gli ultimi avanzi di scuole mediche morte e sepolte da un pezzo - un vero pandemonio di carni morte e di carni vive, un misto di arcaico, di antico e di moderno, che non si intende e che perciò appunto affascina il volgo con la magia dell'ignoto e dell'incomprensibile.

Io ho sempre creduto, che le superstizioni siano, nel gran mosaico di una civiltà, come gli organi rudimentali che rimangono nel nostro organismo, quali ultimi avanzi di funzioni di un tempo.

Essi sono inclusi, come incastonati in mezzo ad organi vigorosi e nella attuale pienezza delle loro energie, e ci rammentano tempi lontani, ricordi arcaici di civiltà spente, di templi crollati e di scienze morte.

Lo studio darviniano degli organismi, vi dimostra muscoli ed organi atrofici, che una volta erano necessari all'esercizio della vita ed oggi son ridotti a comparire morti ma vivi, quasi fossero incaricati di dettarci l'albero genealogico delle forme che si succedono nella grande storia delle evoluzioni.

E così abbiamo nelle superstizioni, altri organi morenti e destinati a scomparire dalla vita civile di un popolo, ma che un tempo furono dogmi di scienza, pietre angolari, su cui poggiavano la morale, la religione, le arti tutte della vita.

La superstizione è un organo del pensiero, che sopravvive, come un muscolo rudimentale, al progresso e all'evoluzione; è un avanzo del passato, che fu un tempo verità gloriosa, incontrastata, e che poi dall'alto scendendo al basso della gerarchia sociale, rimane per qualche tempo come in ultimo rifugio fra i beati del pensiero, e vien poi del tutto eliminato.

E come in ogni civiltà (anche nelle più alte) rimangono incuneati frammenti di superstizioni, così anche nei cervelli più robusti resta pur sempre qualche pregiudizio che spesso si occulta anche a se stesso, ma che è lì, sempre lì, fermo e sogghignante, come il coccige piccino e celato ci dice pur sempre a quattr'occhi: ricordati, o bipede superbo, che io un tempo era una coda.

Lascio le superstizioni note a tutti del Goethe, di Napoleone, di Rousseau, e ricordo alcune più recenti e meno note del Gautier, del Saint- Victor, del Barbey d'Aurevilly.

Gautier credeva alla iettatura, e siccome Offembach era creduto da tutti un terribile jettator e, il Gautier non voleva mai scriverne il nome: e quando questo doveva figurare in un suo scritto, faceva venire dalla stamperia un compositore, e gli faceva ritagliare da un giornale le lettere del nome di Offembach, incollandole sulle sue carte. Il nome fatale si trovava così nelle sue copie, ma Gautier, non avendolo scritto, s'era sottratto alla iettatura.

Paul de Saint-Victor temeva i calamai che non erano il suo. Era di ebano e lo aveva portato da Fribourg, e con esso viaggiava sempre, credendo che in nessun altro avrebbe potuto trovare idee.

Barbey d' Aurevilly non poteva scrivere che con inchiostri di vario colore e su foglietti illustrati come i vecchi manoscritti del medio evo; e Victorien Sardou non può scrivere che sopra una carta molto grossa e rugosa, che si fabbrica a bella posta per lui, e che gli costa due soldi il foglio.

Anche Dumas padre non poteva scrivere che sopra una carta azzurra speciale, alta 40 centimetri.

Trascurando gli elementi minori o secondari, mi pare di trovare nelle superstizioni mediche questi tre principali, cioè n carattere, che per la sua universalità potrebbe dirsi umano; un carattere etnico, e un carattere dottrinario o scolastico.

Alcune superstizioni sono di tutto il mondo e di tutti i tempi, perchè rampollano dalla natura stessa dell'uomo, colle sue paure col suo fascino per l'ignoto e lo strano, per l'eloquenza di certe analogie fra le cause e gli effetti delle malattie. E questo è l'elemento umano.

Altre volte invece la superstizione non può nascere che in un dato luogo o in una data razza.

Infine ogni scuola medica, ogni nuoto profeta della patologia, non limita la propria influenza fra le mura dell'università o dell'ospedale; essa dilaga o trapela nelle mani degli ignoranti che lontani dalle cattedre, dalle cliniche o dalle biblioteche ascoltano trepidanti e raccolgono gelosamente qualche frase, qualche parola burbanzosa e magari incomprensibile, e poi ricuciscono frasi e parole, addattandole alla loro ignoranza e alla loro intelligenza.

È così che dopo tanti secoli il nostro volgo ha ancora superstizioni mediche, che sono a ricercarsi fra le pagine di Averroe o di Avicenna; e così ogni giorno udiamo le parole di infiammazione, di crisi, di temperamento ricucite su qualche ubbia delle più goffe e delle più assurde.

Chi sa quali superstizioni non farà germogliare nel volgo la dottrina dei microbi; e quando essa sarà già tramontata o profondamente modificata dal lavorio di distruzione scientifica, i bacilli si aggireranno in forma fantastica o magica nei cervelli delle classi ignoranti.

E questo è l'elemento scolastico o dottrinario delle superstizioni mediche.

Permettetemi, cari lettori che quasi a riprova dell'esattezza di metodo della mia analisi psicologica, mi fermi con voi per qualche istante sopra una delle superstizioni, che è forse la più universale fra tutte e che perciò è la più comune, voglio dire il malocchio.

Nell' America meridionale si chiama mal de ojo, io rammento nei miei viaggi, come una volta chiamato al letto di una ammalata a Nogoya nell' Entrerios, fui interrogato se sapessi curare il mal de ojo; al che risposi modestamente, che essendo medico dovea saper trattare qualunque malattia.

Io intanto, fissandola in volto, vedevo gli occhi più lucidi del mondo e aspettava una spiegazione a quella singolare domanda. L'inferma non tardò a raccontare come un tale le avesse gettato una mala sorte, e da quel giorno in poi, essa emetteva dai genitali, coleopteri, ragni e ciocche di capelli.

Mi credetti zimbello di una burla di cattivo gusto; ma dopo pochi giorni, studiando la malattia e la malata, trovai ch'essa ingenuamente credeva, che le uscissero dal corpo gl'insetti e i capelli che cadevano per caso nel vaso da notte.

Ho trovato il malocchio anche nelle Isole Canarie, dove i contadini, quando temono che una strega si avvicini per gettar loro uno sguardo fatale, se ne difendono col voltare improvvisamente la fascia che cinge loro il corpo, oppure quando vogliono essere più sicuri dai malefizi di una fattucchiera, si tolgono i calzoni e se li ripongono al rovescio.

Nel Pelopponeso la levatrice copre il volto del neonato con un velo, onde proteggerlo dal malocchio.

In molti luoghi della Germania si crede, che il malocchio faccia ammalare uomini ed animali, producendo principalmente mal di capo, dimagramento, plica polonica o storpiature.

Può anche dare la morte, e agisce sopratutto sopra chi dorme. Aubrey dice che alcuni hanno "gli occhi molto nocivi„.

Nell' Oldemburg si ritiene, che anche alcune persone buone possono avere lo sguardo cattivo; ma esse, riguardando una seconda volta, distruggono i cattivi effetti del primo sguardo.

Si crede in Boemia, che si possa acquistare il malocchio, cercando nei cimiteri un pezzo di tavola di una cassa da morto che abbia un nodo, o facendovi un foro.

Nel Tirolo si ritiene, che le donne, che furono bollate dal diavolo, acquistino la fatale potenza del malocchio. Secondo Boquet, le streghe avevano due pupille per ogni occhio: e le donne dell' Illiria stregavano tutti quelli che esse guardavano, uccidendo anche coloro che fissavano coi loro occhi molto lungamente.

Nel Ponto vi erano streghe che avevano due pupille in un occhio, e la figura di un cavallo nell'altro.

Vi erano in Italia streghe che con un solo sguardo mangiavano il cuore degli uomini e la carne interna dei citrioli (!). Uno spagnuolo aveva l'occhio tanto cattivo, che guardando fissamente le finestre di una casa, ne rompeva tutti i vetri.

Presso gli Aleuti, le ragazze nei giorni della loro luna devono portare un cappello a tese molto larghe onde non deturpare il cielo col loro sguardo, che in quell'occasione ha il malocchio.

Alcuni indiani dell'America del Nord, vedendo per la prima volta una cateratta, un luogo misterioso o una pietra o una roccia scolpita, si fregano gli occhi coi peperoni rossi, per non chiamare sopra di sè l'attenzione degli spiriti maligni.

In Scozia, viveva una donna la quale col solo sguardo faceva inacidire il latte, rendeva sterili le capre e uccideva le pecore. E dopo tutto questo, chi non ricorderebbe a questo proposito il verso di Virgilio, nescio quis teneros oculis mihi fascinet agnos.

Il malocchio è una forma della jettatura, è una pagina della storia delle streghe, e quindi purtroppo anche una pagina della storia umana, perchè le streghe sono creature umane fatte a immagine e simiglianza nostra; son figliuole delle nostre paure e della nostra fantasia.

Le superstizioni mediche, che ho studiato in tutto il mondo, dureranno finché l'uomo calpesterà il proprio pianeta, cioè
finché avrà paura della morte, e finche i medici non avranno la virtù di far vivere tutti gli uomini almeno un secolo, facendoli morire di morte naturale e senza dolore.

Dove la scienza non giunge, la fantasia colma ì vuoti con i suoi fantasmi, e così come il soprannaturale è sempre spinto un po' più in là dai progressi della scienza, così anche le superstizioni si faranno sempre più ragionevoli e meno assurde col progredire della luce; ma esse non lasceranno mai di esistere, perchè l'uomo non avrà mai il coraggio di confessare la propria impotenza assoluta nella soluzione di certi problemi.

Firenze, 14 gennaio 1891, MANTEGAZZA P.
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