Conte D'Aviernoz - Luigi Albano

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Il Conte D'Aviernoz

Il giorno 25 luglio 1848 la linea che si stendeva da Pastrengo sino a Sommacampagna, la quale non era difesa che da seimila uomini, fu attaccata verso le ore 6 del mattino da due divisioni austriache, sortite da Verona il 22.

Malgrado la disproporzione delle forze, il secondo reggimento della brigata Savoia difese le sue posizioni con un coraggio degno di miglior fortuna.

A Sona alcune compagnie di fanteria caricarono più volte il nemico alla baionetta, disputando palmo a palmo il terreno.

La lotta durava così da cinque ore, allorchè il generale Broglia ricevette l'avviso che le truppe di Sommacampagna non avevano potuto resistere al nemico, e che quel reggimento era girato sulla sua destra; diede allora l'ordine della ritirata sopra Pacengo passando per Sandrà.

Gli è durante quest'azione, che il conte D'Aviernoz, maggior generale comandante la brigata Savoia, non avendo presso di lui alcun uffiziale di stato maggiore per mandare in riconoscenza, si diresse egli medesimo con pochi bersaglieri ed alcuni soldati di Savoia fanteria sopra un'altura chiamata Monte del Pino, fra Sona e la Madonna del Monte.

Bentosto vede una colonna austriaca presentarsi allo sbocco della valle, stendardo bianco in testa di colonna e spiegato, gridando: Viva Italia! Evviva i nostri fratelli!!.....

Il generale D'Aviernoz provò un istante di dubbio e d'esitazione, ma vedendo il capo della truppa avanzarsi solo ed abbracciare l'uffiziale di Savoia fanteria che comandava un posto di sessanta uomini in quel luogo, non dubitò più della lealtà di quella dimostrazione ed accorse fidente all'incontro degli Austriaci, i quali fraternizzarono coi nostri soldati.....

Ma quest'accordo non è di lunga durata, i traditori cambiano ben presto d'attitudine, armano i loro fucili, ed al comando del loro capo fanno un fuoco micidiale sopra i nostri....

Allora si rinnovò una scena degna dei combattimenti eroici nei tempi del Medio Evo.

Il generale D'Aviernoz comanda una carica alla baionetta, la mischia diventa sanguinosa, terribile, e rimane finalmente con trenta uomini per lottare contro duecento.

Tuttavolta non si perde d'animo, anzi si fa più gagliardo colla gravità del pericolo, e tre fra i suoi perfidi nemici cascano sotto i colpi del suo ferro; ma infine, assalito da ogni parte, ferito di un colpo di baionetta nel ventre, di una palla al ginocchio, casca egli pure, ed è fatto prigioniero.

Come i nemici gli domandavano la sua spada, egli trasportato da una nobile indegnazione, la getta per terra con isprezzo, dicendo: Io non do la mia spada ai traditori!!

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