E' vero che i preti proibivano la lettura della Bibbia? - Luigi Albano

LUIGI
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“permettere ai laici la lettura della Bibbia, è dare le cose sante ai cani, e gettare le perle ai porci.”
(Cit. Cardinale Stanislao Osio)
ERA PERMESSO LEGGERE LA BIBBIA?
E' VERO CHE I PRETI PROIBIVANO LA LETTURA DELLA BIBBIA?

Vi sono dei Cattolici coscienziosi, ed anche dei preti, i quali non possono persuadersi che la loro Chiesa proibiva la lettura della Bibbia.

Un decreto che vietasse la lettura del libro di Dio, è che lo mettesse all’lndice; vicino alle opere di Casti, di Voltaire e di Volney; che stabilisse la scomunica e l’eterna dannazione per chi ardiva leggere il libro di Dio, sembra loro un decreto così empio, così diabolico, e inorridiscono nel sentire la loro Chiesa accusata di tale empietà, e negano recisamente una tale proibizione; e si fanno scrupolo di pensare che essa realmente è esista.

Non esaminiamo se i loro scrupoli siano esagerati, e se la loro Chiesa facendo quel decreto avesse commesso una empietà, un sacrilegio; Lungi da noi le declamazioni, e ragioniamo sui fatti.

Abbiamo sotto gli occhi un libro raro di 352 pagine in 4°, stampato a Parigi nel 1661 per ordine del clero gallicano, nel quale sono riportati i sentimenti dei più celebri teologi e canonisti, ed i decreti dei papi, dei concili e della Sorbona che vietano la lettura della Bibbia in lingua volgare.

Basterebbe questo libro per confondere coloro che negassero una tale proibizione.

Ma siccome si potrebbe dire essere quelle proibizioni vecchie, che oggi sono state ritirate, ovvero sono in disuso; diamo un colpo d’occhio alla storia di una tale proibizione, scendendo fino ai nostri giorni.

Due fasi opposte presenta la storia di questa dottrina: nella prima la Chiesa fa quello che oggi fanno i Protestanti; traduce Bibbie in tutte le lingue, ne raccomanda al popolo la lettura come un Obbligo assoluto, incoraggia chiunque va a spanderle, e rimprovera chiunque trascura di leggerla o di averla.

Nella seconda fase condanna quello che essa stessa aveva altra volta fatto e ordinato; vieta la Bibbia in lingua volgare, condanna coloro che la leggono e chiama eretici coloro che fanno quello che essa faceva nei primi secoli.

La Chiesa romana nei primi secoli traduce la Bibbia in tutte le lingue volgari per uso del popolo, incoraggia coloro che vanno a spanderla, e ne raccomanda caldamente la lettura al popolo; sebbene la traduzione della Bibbia in lingua volgare per uso del popolo sia più antica della Chiesa romana stessa.

Ai tempi di Gesù Cristo e degli Apostoli esisteva una traduzione in greco dell’antico Testamento, conosciuta sotto il nome di versione dei settanta, la quale era in uso presso gli Ebrei che dimoravano nella Grecia in gran nume ro, e parlavano il greco.

Ebbene, gli Evangelisti e gli Apostoli, nei Vangeli e nelle lettere canoniche, ogni volta che citano un passo dell’antico Testamento, lo citano secondo la versione dei Settanta, e non secondo l’ebraico.

Questo fatto dimostra che la versione della Bibbia in lingua volgare è autorizzata dal Vangelo.

Lo Spirito Santo dunque, autore del nuovo Testamento, ha autorizzato la Bibbia tradotta in lingua volgare.

Non passiamo tanto leggermente sopra un tal fatto che è un fatto capitale.

La versione dei Settanta era la versione volgare della Bibbia: Gesù Cristo, gli Apostoli, gli Evangelisti, ogni volta che citano la Bibbia, la citano secondo quella versione volgare: dunque Gesù Cristo, gli Apostoli, gli Evangelisti, autorizzano la versione volgare della Bibbia.

E se Gesù Cristo e gli Apostoli l’autorizzano, chi avrà l’ardire di vietarla?

S. Agostino va forse anche più in là; e nel libro secondo della Dottrina cristiana dice: “Era impossibile che le verità divine fossero rese comuni a tutte le nazioni senza i segni (le divine parole espresse per lettere), a cagione del peccato che divise il genere umano.
Ed ecco il perchè la S. Scrittura, che doveva essere medicina di tante malattie della umana volontà, dopo di essere stata scritta in una lingua comune che ne facilitasse la propagazione su tutta la terra, fu poi anche più sparsa per mezzo di traduzioni, onde condurre i popoli alla conoscenza della salute. ”

I papi ed i vescovi dei nostri tempi imprecano alle società bibliche, e chiamano una mania quella di voler tradurre la Bibbia in tante lingue: ebbene, S. Agostino nello stesso libro attesta che così si faceva nella Chiesa primitiva: "Coloro che hanno tradotto le Scritture (dell’antico Testamento) dall’ebraico in greco possono contarsi; ma i traduttori latini (era la lingua volgare) sono innumerevoli.Imperciocchè, nei primi tempi del Cristianesimo, quando un manoscritto greco veniva nelle mani di un individuo che aveva facilità nelle due lingue (greca e latina, che era quella che si parlava), subito lo traduceva.”

Sembra dunque che nei primi secoli i Cristiani facessero più di quello che fanno oggi le società bibliche; eppure non solo non erano maledetti, ma erano lodati.

Le antiche traduzioni della Bibbia in lingua volgare sono un monumento di questa verità.

Non appena i missionarii cristiani penetravano in un paese per annunziarvi il Vangelo, la prima loro cura era di tradurre la Bibbia nella lingua del paese e metterla nelle mani del popolo.

Ecco alcune delle più celebri versioni in lingua volgare di cui ci resti memoria.

    1. La Peshito, versione della Bibbia in lingua siriaca che rimonta fino al primo secolo. Quando gli uomini apostolici andarono dalla Palestina in Siria per annunziarvi il Vangelo, fecero quella versione perchè il popolo potesse leggerla nella sua lingua. Nel secolo IV, essendosi alquanto rimodernata la lingua siriaca, S. Efrem ritoccò quella versione, cambiando i termini e le frasi antiquate in altre più moderne. Ma nel principio del secolo VII, Filosene vescovo di Maberg nella Siria, e dopo lui il suo successore Tommaso d’Harkel, fecero una nuova versione siriaca più consentanea ai cangiamenti introdotti nella lingua, perchè il popolo potesse leggerla;
    2. Le versioni greche del vecchio Testamento sono antichissime, e la più moderna non oltrepassa il secondo secolo; esse sono quattro: quella dei Settanta, quelle di Aquila, di Simmaco e di Teodozione;
    3. La Italiana antica (vetus itala). Non appena il Vangelo fu promulgato in Italia, che si fece subito la versione della Bibbia nella lingua volgare di quei tempi, che in Italia, come ognuno sa, era la latina. Codesta versione è citata da Tertulliano e da tutti i Padri, e S. Girolamo rende testimonianza della sua eccellenza;
    4. La Volgata. Il nome stesso di questa versione prova il nostro assunto. Vulgata vuol dire sparsa nel valgo. Autore di essa traduzione è S. Girolamo;
    5. La Versione Etiopica. Fu fatta nel IV secolo, quando il Vangelo penetrò in quei paesi;
    6. La Versione Egiziana fu fatta nel II secolo, nelle due lingue che erano volgari in Egitto, cioè nella lingua copta e nella tebaica;
    7. La Versione Gotica. Quando i Goti ricevettero il Vangelo nel IV secolo, Ulphilas loro apostolo fece la traduzione della Bibbia nella lingua del paese; Nella biblioteca di Upsal nella Svezia si conserva un frammento di essa versione scritto in caratteri d’argento;
    8. La Versione Armena. Miesrob, inventore dell’alfabeto armeno, tradusse in quella lingua la Bibbia per uso dei nuovi convertiti: essa è datata 410;
    9. La Versione Giorgiana fatta nel IV Secolo, perché fosse letta da quei neofiti;
    10. La Versione Slava. Essa è datata dal IX secolo, ed esiste ancora;
    11. Versione Anglo-Sassone. Essa appartiene all’ VIII secolo, ed è stata fatta da parecchi uomini dotti, fra i quali il venerabile Beda.

Oltre le precedenti, abbiamo le versioni araba e persiana, di cui non conosciamo la data precisa.

Dagli esempi addotti di tante versioni in lingua volgare, che la Chiesa romana non disapprovava, ma anzi approvava, resta stabilito che essa nei primi secoli faceva quello che fanno ora le società bibliche.

Ma non solo essa promoveva ed approvava le versioni in volgare, che anzi incoraggiava quei Cristiani che diffondevano la parola di Dio, e benediceva allora coloro che oggi maledice.

San Girolamo, nel libro I contro Rufino, racconta un fatto ch’egli trascrive da Eusebio, di un tale Panfilo, il quale era egli solo una società biblica in piccolo, e lo loda grandemente. Ecco le sue parole: “ Egli non solamente prestava gli esemplari delle S. Scritture affinchè fossero lette, ma era contentissimo anche di regalarle; e non solo agli uomini, ma alle donne ancora, se le vedeva dedite alla lettura. A tale effetto si provvedeva di molti esemplari, onde, in caso di bisogno, potesse sempre darne a chi li desiderava.”

La società biblica non fa oggi altro che quello che nei primi tempi faceva Panfilo: ora perchè Panfilo è lodato, e la società biblica è maledetta?

I fasti dell’antica Chiesa ci dicono che non solo allora non era proibito ai laici di avere la Bibbia, ma che tutti l’avevano, e la custodivano con tale affetto che si lasciavano uccidere piuttosto che darla ai Gentili che la domandavano per bruciarla.

Il martirologio romano al 2 gennaio fa l’elogio dell’attaccamento che i primi fedeli avevano per la Bibbia. Ecco le parole del martirologio: - A Roma si fa la commemorazione di un gran numero di santi martiri, i quali, disprezzando i decreti dell’imperatore Diocleziano, che ordinava fossero consegnati i libri santi, preferirono piuttosto dare i loro corpi ai carnefici che non consegnare le cose sante ai cani.

Curioso riscontro! nella Chiesa primitiva i più empi tiranni facevano quello che oggi fanno il papa, i vescovi, i preti: proibire la Bibbia, e cercarla per distruggerla: e la Chiesa romana dei primi secoli loda non solo, ma mette al catalogo dei suoi santi coloro che oggi brucerebbe come eretici.

Per dimostrare che la Chiesa romana nei primi secoli raccomandava essa stessa la lettura della Bibbia al popolo, ci limiteremo per ora a citare la testimonianza di due antichi papi santi.

Il primo è S. Clemente romano, il quale, nella sua lettera ai Corinti, dice così: “ Studiate diligentemente le Scritture, che sono i veri oracoli dello Spirito Santo....-.. Voi conoscete di già bene le Scritture, o dilettissimi, voi avete studiato profondamente i divini oracoli; richiamateli adunque alla vostra memoria, e meditateli nel vostro spirito.

Il secondo papa che citiamo è Gregorio I, soprannominato il Grande. Egli, in una lettera che scrive a Teodoro medico, dice così: “Cosa è la Scrittura santa? Non altro che una lettera indirizzata dall’Iddio onnipotente alla sua creatura. Certo, se voi, stando in paese lontano, riceveste una lettera dall’imperatore terrestre, non vi dareste pace, non andreste per fermo a dormire, senza prima averla letta per sapere cosa l’imperatore vi scrive. Ebbene, l‘Imperatore celeste, il Signore degli uomini e degli angeli, vi manda le sue lettere per mostrarvi la via della vita, e‘ voi, figlio dilettissimó, trascurate di leggerle con tutto l’ardore! Studiate dunque, e meditate ogni giorno le parole del vostro Creatore: nella parola di Dio imparate a conoscere il cuore di Dio; e così desiderate sempre più i beni eterni; ed il cuore vostro sarà infiammato desiderando le gioie celesti.

Così parlavano i papi antichi: il lettore si ricorderà di questo, quando vedrà come parlano sullo stesso soggetto i papi moderni.

Per ora ci basti riflettere che, per i dodici primi secoli del Cristianesimo, i papi, i concili, i dottori, hanno sempre raccomandato al popolo la lettura della Bibbia.

Passiamo ora alla seconda fase di questa dottrina, e vediamo come quella stessa Chiesa romana che inculcava ed incoraggiava tanto la lettura della Bibbia in lingua volgare, sia poi giunta a vietarla e condannarla come un peccato, una eresia.

Nessuna rivoluzione, sia politica, sia religiosa, si effettua tutta ad un colpo: ogni cambiamento alquanto importante è preparato dagli avvenimenti anteriori.

Ecco il come si operò questo cambiamento nella Chiesa romana.

La lingua latina era la lingua dell’Occidente: tutti i popoli conquistati avevano dovuto adottare la lingua dei conquistatori; quindi la Bibbia in latino era la versione volgare per l’Occidente, e tale si chiamava.

Distrutto l’impero occidentale per l'invasione dei barbari, i popoli si mescolarono, e sulla tomba del latino nacquero le lingue moderne.

Per la stessa invasione, venne il medio evo con la sua ignoranza.

L’unità religiosa minacciava minare anch’essa, ed il vescovo di Roma perdeva tutta la sua influenza. Gregorio I detto il Grande, per mantenere una vacillante supremazia, fece tutti gli sforzi onde si conservasse nella Chiesa occidentale l’unità di linguaggio; e l’uso della lingua latina nella Chiesa.

Si spedirono missionari dappertutto, ma con ordine espresso di usare il latino nelle cose religiose. Quindi ne venne che la religione fu‘ ridotta ad un ammasso di vane cerimonie, il popolo non comprese più la religione, la lingua latina divenne la lingua del clero, ed il popolo doveva assistere alle sacre funzioni celebrate in una lingua a lui incognita.

Però, bisogna confessarlo, non ancora si era giunto a vietare la traduzione e la lettura della Bibbia in lingua volgare. La pubblica liturgia si faceva in latino, ma nelle case ognuno poteva avere la sua Bibbia in volgare.

Difatti Carlomagno per rendere più accessibile al popolo la Bibbia, ne fece fare una traduzione che rivide egli stesso, ed ordinò al clero d’istruire il popolo nelle sante Scritture (Capit. Reg. Frane. ad ann. 788).

Gli sforzi di cotesto principe non ebbero successo: dopo la sua morte, per la debolezza dei suoi successori, le cose tornarono allo stato di prima, ed il clero alzò di molto le sue pretensioni.

Il popolo non conosceva più la Bibbia, e Roma papale ingrandiva.

Due missionarii greci, Metodio e Cirillo, nel IX secolo, portarono il Vangelo fra gli Slavi; inventarono l’alfabeto slavo, e tradussero in quella
lingua la Bibbia, e celebravano nella lingua del paese i divini uffici.

Papa Niccolò I, nell’ 867, citò i due missionarii a Roma a rendere conto di tale loro condotta: essi si difesero adducendo ottime ragioni, alle quali il papa non rispose che con un ordine formale di obbedire.

I santi uomini, tornati fra gli Slavj, non fecero attenzione all’ordine del papa, e continuarono come prima.

Gli zelanti missionarii ricórdarono al certo la risposta di Pietro e Giovanni al sommo sacerdote: Conviene ubbidire a Dio che agli uomini” (Atti v, 28).

Nell’ 879, papa Giovanni VIII rinnuovò la proibizione di Niccolò. Ma i Bulgari, essendosi sottratti all’obbedienza del vescovo di Roma, e datisi al patriarca di Costantinopoli, papa Giovanni VIII temè che gli altri Slavi non seguissero l’esempio dei Bulgari, ed in una lettera a Swatopluk duca di Moravia riconobbe come giusto e lodevole l’uso di leggere la Bibbia e celebrare il culto in lingua slava.

L’ignoranza sempre più dominante, la religione ridotta a forme esteriori  soltanto, i preti divenuti mediatori fra Dio e l’uomo, le nuove lingue che si stavano formando in Occidente, resero superflua per alcun tempo una formale proibizione di leggere la Bibbia: ma essa divenne necessaria più tardi, e Gregorio VII, il gran despota politico e religioso, si assunse il tristo onore di proclamarla per primo (FLEURY, Hist. eccles., lib. LXIII, 7).

Egli vietò, in una lettera scritta ad Uratislao re di Boemia, la celebrazione dei divini uffici in lingua slava, che Giovanni VIII prima aveva negata, poi aveva permesso.

Però nella Francia e nell’Italia specialmente si levarono a migliaia dei Cristiani coraggiosi, conosciuti dopo sotto i nomi di Cattari (puri), Albigesi , Valdesi, ecc., i quali, non volendo soffrire un despotismo così illogico ed anticristiano, tradussero la Bibbia nella loro lingua, e tanto più si istruivano in essa, quanto più i preti la proibivano.

I preti inventarono in tale occasione la Inquisizione, e rispondevano con il rogo alle ragioni dei coraggiosi Cristiani.

Incominciata una volta la guerra fra Roma e la Bibbia, essa continuò e continua ancora.

Gregorio IX nel 1229 fece nel Concilio di Tolosa stabilire definitivamente l’Inquisizione, e proibire assolutamente la lettura della Bibbia.

Ecco il Decreto di quel Concilio: Prohibemus etiam ne libros veteris et novi Testamenti laicis permittantur habere, nisi forte psalterium, aut brevarium pro divinis officiis, ac horas Beatae Virginis aliquis ex devotione habere velit; sed ne praemissos libros habeant in vulgari translatos.

Eccone la traduzione letterale; “ Vietiamo eziandio che si permetta ai laici di avere i libri del vecchio e nuovo Testamento, a meno che non voglia qualcuno per sua devozione avere il salterio, o il breviario per i divini ufficii, ovvero le ore della Beata Vergine. Però non gli sia permesso avere neppure tali iibri tradotti in volgare. "

In questo decreto si proibisce non solo la Bibbia, ma anche quei libri di devozione nei quali vi è qualche porzione della parola di Dio tradotta in lingua volgare, cioè in lingua intelligibile a tutti.

L’Inquisizione e l’ignoranza non resero per alcun tempo nècessari ulteriori decreti: ma non appena Erasmo e Lutero cercarono di scuotere la ignoranza religiosa, e la Bibbia fu‘ pubblicata in lingua volgare, ad onta dei decreti che lo vietavano, si levò un formicaio di teologi a sostenere le proibizioni di Roma.

Primi a dare il funesto esempio furono i teologi francesi, come appare dai registri della Sorbona (1525) citati nel libro da noi indicato al principio di questo scritto: incominciando dal celebre Gersone, il quale nel secolo XV aveva già scritto contro la lettura della Bibbia.

Seguirono a proclamare la crociata contro la Bibbia teologi d’ogni nazione, fra i quali primeggiano Spirito Rotero domenicano ed inquisitore, Jacopo Ledesma gesuita, Maurizio Poncet benedettino, Alfonso da Castro francescano, Ambrogio Cattarino e Pietro Soto domenicani, Roberto Bellarmino e Giovanni Battista Scorza gesuiti italiani; ma sopratutti si distinse lo spagnuolo cardinale Stanislao Osio, il quale giunse a dire che “permettere ai laici la lettura della Bibbia, è dare le cose sante ai cani, e gettare le perle ai porci.”

Il Concilio di Trento nella sessione XVIII ordinò che si facesse un catalogo di libri, la cui lettura fosse vietata. Al finire del Concilio il catalogo non era compiuto, per cui fu incaricato il papa di farlo fare e d’approvarlo.

Il 24 marzo 1564 fu pubblicato con una bolla di papa Pio IV, e fu dato ad esso catalogo il nome d’Indice. L’Indice approvato dal papa è preceduto da dieci regole parimente approvate da lui. La quarta di queste regole vieta la lettura della Bibbia in lingua volgare: e chiunque osasse leggere o ritenere una Bibbia senza il permesso del vescovo, non solo pecca mortalmente, ma è vietato al confessore di assolverlo.

Guai a voi, dottori della legge, diceva il Signore (Luc. XI, 52); perciocchè avete tolta la chiave della scienza: voi medesimi non siete entrati, ed avete impediti coloro che entravano.”

Ma la proibizione di Pio IV lasciava almeno la possibilità di leggere la Bibbia: un vescovo liberale avrebbe potuto dare il permesso di leggerla: questa possibilità doveva essere tolta, ed il libro di Dio doveva essere  assolutamente proibito, e lo fu da papa Clemente VIII, il quale pubblicò altre leggi sull’Indice, in forma di osservazioni.

L’osservazione alla quarta regola proibisce ai vescovi, agli inquisitori, ed ai superiori di accordare licenze per leggere o ritenere la Bibbia volgare: e non solo la Bibbia, ma vieta la lettura degli estratti, sommarii, compendii storici della Bibbia stessa.

Ecco le parole della osservazione di papa Clemente VIII che traduciamo fedelmente dal latino.

“ Osservazione circa la regola IV. Circa la soprascritta regola IV dell’ Indice della b. m. di Pio papa IV si deve osservare, che per essa non si dà alcuna facoltà ai vescovi, agli inquisitori, ed ai superiori regolari, per accordare la licenza di comperare, leggere o ritenere la Bibbia in lingua volgare: imperciocchè fino ad ora l'ordine e l’uso della santa romana ed universale Inquisizione ha loro tolto la facoltà di concedere tali licenze, di leggere cioè o di ritenere Bibbie volgari ovvero anche porzioni staccate sia del vecchio sia del nuovo Testamento in qualunque lingua volgare fosse sieno pubblicate.
E questa proibizione si estende anche ai sommarii o compendii anche isterici della
Bibbia pubblicati in qualunque lingua volgare. E questo debba essere osservato inviolabilmente. ”

Però i preti, i parroci, i vescovi, gl’inquisitori che prima delle dichiarazioni di Clemente VIII potevano dare il permesso ad altri, si credevano esclusi da quella dichiarazione, e pensavano che, se non potevano più dare licenza ad altri, potevano senza scrupolo ritenerla e leggerla essi.

Ma Gregorio XV nel 1622 tolse anche questa illusione, rivocando tutte le licenze date in qualunque modo e per qualunque motivo dai papi suoi predecessori.

Urbano VIII nel 1631, nella costituzione che incomincia Apostolatus Offcium ripete non solo, ma sviluppa ed amplia la bolla del suo predecessore Gregorio XV, aggiungendo l’ordine a tutti coloro che avessero avuti libri proibiti (fra i quali la Bibbia) di portarli immediatamente al vescovo od all’inquisitore; ed ingiungendo ai vescovi ed agli inquisitori l’obbligo di bruciare immediatamente quei libri.

E coloro che dopo quest’ordine avessero ancora ritenuto uno di tali libri, dovevano essere denunciati all’Inquisizione.

I papi seguenti non cessarono di fulminare scomuniche contro coloro che léggessero la Bibbia, e dichiarare eretica la dottrina che insegnava la Bibbia potersi leggere da tutti.

Taccio per brevità le bolle di Alessandro VII e di Innocenzo XI, e mi limito a citare qualche passo della celebre bolla Unigenitus di Clemente XI del 1713.

In quella bolla sono condannate le seguenti proposizioni riguardo alla lettura della Bibbia.
  1. La proposizione 79 che dice: la lettura della Bibbia essere utile e necessaria a tutti.
  2. La proposizione 80 che dice: la lettura della Bibbia essere per tutti.
  3. La proposizione 81 che dice: la santa oscurità della divina parola non essere una ragione ai laici per dispensarsi di leggerla.
  4. La proposizione 82 che dice: che nella domenica i laici dovrebbero occuparsi di quella lettura, ed essere cosa dannosa allontanare i laici da essa.
  5. La proposizione 83 che dice: anche le donne dover essere istruite nella religione colla Bibbia; e che non è la semplicità delle donne, bensì la superbia dei dotti, che ha fatto nascere le eresie.
  6. La proposizione 84 che dice: che togliere dalle mani del popolo il Vangelo, o darglielo chiuso (cioè in una lingua che non intende), è chiudere la bocca a Gesù Cristo.
  7. La proposizione 85 che dice: vietare ai Cristiani la lettura della S. Scrittura, è vietare ai figli della luce l’uso della luce, ed è gettarli in una specie di scomunica.

Ecco le dottrine che il papa condanna come eretiche in una bolla dommatica.

Prima che fosse pubblicata questa famosa bolla, cioè nel 1704, fu pubblicato in Roma per ordine di papa Innocenzo XI, dalla Tipografia della Rev. Camera Apostolica, un Indice di libri proibiti; ecco cosa troverete in quell’Indice:

  1. Pag.   30 - Le Bibbie stampate per cura degli eretici sono assolutamente proibite; - Le Bibbie scritte in una lingua volgare qualunque.
  2. Pag.   94 - Le narrazioni evangeliche...... i sermoni del Vangelo.
  3. Pag.  177 - Passi tolti da quasi tutti i capitoli del Vangelo; - Passi tolti dai due Testamenti.
  4. Pag.  258 - Le frasi della Scrittura Santa; - Tutto quello che tratta della eccellenza, della dignità, dell’autorità ecc. della Scrittura Santa, - Gli estratti delle Scritture.
  5. Pag.  269 - La somma di tutta la Scrittura; - I sommarii della Bibbia.
  6. Pag.  272 - Le tavole dei due Testamenti.
  7. Pag. 273 - Il riassunto del vecchio Testamento; - Cantici scelti dell’antico e del nuovo Testamento; - Le frasi dell’antico e nuovo Testamento; - Le citazioni dei due Testamenti.

Dopo tali documenti, bisogna essere o molto ignoranti o molto bugiardi per dire che Roma non proibisce la lettura della Bibbia.

Il 28 agosto 1794, papa Pio VI pubblicò in Roma una bolla dommatica che incomincia Auctorem fidei, contro il vescovo Ricci ed il suo sinodo di Pistoia. Quel sinodo aveva ordinato una savia riforma cattolica, e, fra le altre cose, voleva che il popolo leggesse la Bibbia, e che le pubbliche preghiere si facessero in italiano, acciò il popolo potesse sapere quello che diceva pregando.

Pio VI condanna come temeraria, offènsiva alle pie orecchie, e contumeliosa alla Chiesa la dottrina del sinodo, nella quale si desiderava che la liturgia fosse più semiplice ed in lingua volgare ( Bolla Auctorem fidei, prop. 88).

Condanna come falsa e temeraria la dottrina del sinodo che dice essere secondo i consigli di Dio e la pratica apostolica il fare che il popolo possa unire la sua voce con quella della Chiesa. E colla stessa censura è condannata la dottrina del sinodo che dice non esservi che l’impotenza che possa scusare dal leggere la S. Scrittura (Prop. 66 e 67).

Una bolla dommatica è una decisione ex cathedra, ed in conseguenza una decisione infallibile, secondo i teologi romani: ora due papi, ex cathedra, cioè Clemente XI nella bolla Unigenitus, e Pio VI nella bella Auctorem fidei, condannano infallibilmente la lettura della Bibbia.

La dottrina cattolica è la dottrina contraria a quella condannata: dunque il divieto di leggere la Bibbia non solo è un divieto, ma è una dottrina cattolica.

I papi Clemente VIII e Gregorio XIII avevano approvato una versione della Bibbia in lingua polacca, fatta dal Rev. P. Wuick gesuita sotto la direzione dell’arcivescovo Karnkowski.

Al principio di questo secolo, l'arcivescovo di Gnesen in Polonia permetteva che il popolo potesse leggere la Bibbia nella sua lingua, servendosi di quella versione fatta da un gesuita, ed approvata da due papi.

Ma papa Pio VII, il 29 giugno 1816, in un breve a quell’arcivescovo lo rimprovera aspramente per tale sua condotta; e, parlando della versione della Bibbia in lingua volgare, dice che essa è la più maligna delle invenzioni; una peste; la distruzione della fede; il più gran pericolo per le anime... un nuovo genere di zizzania seminata dal nemico; un’empia cospirazione de‘ novatori; la rovina di nostra santa religione "

Il 23 settembre dello stesso anno 1816, papa Pio VII scrisse un breve all’arcivescovo di Mohilew nella Russia. Quell’arcivescovo si era permesso di far buona cera alla Società biblica, e lasciare che vendesse le Bibbie nella sua diocesi.

Il papa gli scrive: “ Siamo stati grandemente e profondamente addolorati nell’aver conosciuto il funesto progetto, incognito per lo passato, di spargere dappertutto la Bibbia tradotta nelle lingue volgari... Ma la nostra afflizione è stata infinitamente maggiore nel vedere alcune lettere scritte a nome della tua fraternità, nelle quali esorti i popoli affidati alla tua cura a comperare coteste nuove versioni della Bibbia, o accettarle volentieri quando sono offerte gratuitamente, ed a studiarle con attenzione ed assiduità. Nulla al certo poteva accaderci di più doloroso che di vederti divenuto una pietra d’inciampo, tu, che dovresti domandare la grazia di mostrare agli altri la via della giustizia.

Ma dopo Pio VII, è moda in Roma che ogni nuovo papa deve scomunicare le società bibliche, e vietare a forma della quarta regola dell’Indice la lettura della Bibbia in lingua volgare.

Così han fatto Leone XII, Pio VIII, Gregorio XVI e Pio IX - nelle loro encicliche, che sono a memoria di tutti.

Sembra dunque evidente che è esistita per parte di Roma una proibizione assoluta di leggere la Bibbia.

Trascrizione in ortografia originale, autore: L. DESANCTIS, Firenze 1866. (Luigi Francesco Leonardo Desanctis (Roma, 31 dicembre 1808 Firenze, 31 dicembre 1869) è stato un teologo italiano. Una delle maggiori personalità del protestantesimo italiano nel XIX secolo, teologo e controversista, originalmente prete cattolico-romano, abbraccia il protestantesimo dopo che la pubblicazione delle sue idee politicamente liberali gli rendono ostile il Sant'Uffizio. I suoi scritti anticattolici hanno avuto una vasta diffusione, anche clandestina, in Italia) Biografia Fonte Wikipedia.

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Dobbiamo arrivare al 1893, con Papa Leone XIII che, con l’enciclica Providentissimus Deus, incoraggiò lo studio delle lingue orientali e, con decreto del 13/12/1898, offrì ai devoti ben 500 giorni d’indulgenza per 15 minuti giornalieri di lettura del Vangelo e l’indulgenza plenaria per una lettura regolare di tutta la Sacra Scrittura; Pio X che, nel 1907, commissionò ai monaci benedettini l’incarico di fare ricerche per una edizione riveduta della Volgata mentre Pio XII nel 1943, con l’enciclica Divino Affilante Spiritu incoraggiò lo studio delle lingue antiche e la preparazione di nuove traduzioni dai testi originali.



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