Storia dell'ipnotismo - Luigi Albano

LUIGI
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IL CONTE DI CAGLIOSTRO
NELLA STORIA DELL'IPNOTISMO

La vita di Giuseppe Balsamo, sedicente conte di Cagliostro è così interessante, che anche di recente vari dotti si sono dati cura di rintracciare i documenti che ad essa si riferiscono, e di pubblicare diligenti studi in proposito.
Con tutto ciò peraltro molto di oscuro vi è ancora a chiarire sulla vita di un uomo, che slanciatosi con ardire in mezzo al mondo superstizioso, libertino e servile del secolo scorso, seppe riuscire a far parlare moltissimo di sè per le sue ciurmerie e pel suo ingegno, per i servigi resi al proprio egoismo ed alla causa della libertà, per le superstizioni che favoriva e per quelle che si studiava di abbattere.
Di fare uno studio su Cagliostro, di contribuire a porre in luce la sua strana figura, a me manca la lena, nè questo sarebbe il luogo opportuno per fare un tentativo di tal genere.
Un compito assai più modesto mi prefiggo nelle linee seguenti: — la maggior parte degli scrittori che si sono occupati della storia del così detto magnetismo animale e dell'ipnotismo provocato, hanno posto accanto al nome di Mesmer anche quello di Giuseppe Balsamo. Cosa fece costui per meritare che il suo nome avesse a figurare nella storia dell'ipnotismo? Per rispondere almeno in parte a tale quesito, andrò spigolando su di un curioso libro (1), che fu pubblicato due anni dopo l'imprigionamento di Cagliostro in Castel S. Angelo, e che secondo il parere dei dotti ha il merito di essere sopra ogni altro veritiero ed esatto.
Cagliostro, come è noto, nel secondo periodo della sua vita volle farsi riformatore dei riti massonici, ed anzi fondò la così detta Massoneria egiziana, prendendo il nome di Gran Cofto o capo supremo della medesima.
Affine di raggiungere il suo scopo, che era di procurarsi in numero grande di proseliti, era però necessario, che egli potesse in qualche modo colpire l'immaginazione del pubblico, e potesse così farsi ritenere da questo per un essere superiore e dotato di misteriosa potenza.
È per questo, che egli molte pratiche strane introdusse nel suo Rito egiziano, tanto per ciò che riguardava l'ammissione degli adepti, come per il conferimento dei gradi, per le deliberazioni importanti, ecc.
Di tali pratiche quella che produsse più effetto, e che servì soprattutto a circondare il nome di Cagliostro di un'aureola quasi divina, fu l'istituzione dei travagli con le Pupille o Colombe.
Ecco in che consistevano queste funzioni, che il buon monsignore il quale scrisse la vita di Cagliostro distingue addirittura coll'appellativo di esecrande, e che a mio avviso segnano una delle prime tappe nella storia dell'ipnotismo e del così detto magnetismo animale.
«Si prende un fanciullo o fanciulla, che sia dello stato dell'innocenza, a cui si dà il titolo di Pupillo o Colomba; e ad essa viene dal Venerabile comunicato il potere, che avrebbe avuto pria della caduta dell'uomo, e quello in particolare di comandare alli puri spiriti».
Si noti la scelta del soggetto; talora, come per es. a Varsavia, Cagliostro faceva servire da Pupille anche delle ragazze in età da marito, ma in genere si serviva di persone giovani assai, e perciò più facilmente impressionabili per le pratiche strane che andavansi a compiere intorno a loro, non che per l'idea di avere un potere sugli spiriti.
È naturale che soggetti delicati, come quelli scelti da Cagliostro, sotto il dominio delle forti impressioni psichiche a cui erano assoggettati, dovessero finire col cadere in uno stato nevropatico.
Questo soggetto, così opportunamente scelto, veniva condotto innanzi al Venerabile ed agli altri Fratelli della Loggia; tutti allora, compreso il Pupillo, innalzavano preci a Dio, perchè permettesse al Gran Cofto l'esercizio del suo potere, ed al Pupillo accordasse la facoltà di servire da intermediario fra lui e gli spiriti. Naturalmente anche queste preci misteriose e dirette al suddetto scopo non potevano che contribuire a porre la Colomba in uno stato di nervosa eccitabilità, non dissimile da quello proprio dei soggetti isterici.
E finalmente i nervi del povero ragazzo o ragazza provavano un'ultima scossa, quando vestita di abito talare bianco con fascia turchina, e cordone rosso, ed aspirata (sic) con un soffio, veniva chiusa in un Tabernacolo, che era un luogo appartato del Tempio, foderato di bianco ed avente all'interno uno scabello ed una piccola tavola, su cui ardevano tre candele.
Il soggetto così doveva essere assai ben disposto ad essere ipnotizzato, e difatti leggasi la descrizione del seguito del travaglio, quale fu data dallo stesso Cagliostro, e quale viene riportata nel citato libro, e molto facilmente si rileverà l'analogia fra il procedimento usato da lui, e quello posto più tardi in opera da altri per procurare gli stati detti magnetico ed ipnotico.
Ecco come Cagliostro procedette a Mittau, quando volle provare ai suoi adepti la eccellenza del Rito da lui proposto, non che l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima (!).
Fu fatto venire nella Loggia un fanciullo innocente, figlio di un gran Signore; (Cagliostro si serviva di rado di fanciulli popolani, forse perchè essendo questi meno delicati, dovevano pur essere meno sensibili alle impressioni psichiche da lui procurate); fu collocato dal Gran Cofto in ginocchio davanti ad un tavolino, sopra cui esistevano una caraffa d'acqua semplice e dietro di questa alcune candele accese. (La bottiglia piena d'acqua, funzionando da lente biconvessa, doveva raccogliere in un punto focale i raggi luminosi derivanti dalle fiamme delle candele, e su detto punto doveva,fissarsi lo sguardo del ragazzo). Indi gli fece degli esorcismi intorno e gl'impose la mano sulla testa; (qualche cosa di simile ai così detti passi magnetici); lo fece in pari tempo pregare Dio (concentrando così l'attenzione del pupillo e gli comandò di guardar bene dentro la caraffa, cioè di fissare il punto luminoso).
Dopo qualche tempo il fanciullo interrogato su quanto vedesse, cominciò a gridare dicendo di vedere un giardino (forse era già ipnotizzato, ossia in uno stato di sonnambulismo provocato).
Cagliostro conoscendo in tal guisa, che Dio lo soccorreva, (cioè che l'esperimento riusciva), si fece coraggio e gli soggiunse che avesse chiesto a Dio la grazia di fargli vedere l'angelo Michael (ecco la suggestione, con la quale si usa anche modernamente di provocare negli ipnotizzati, determinate allucinazioni ed un analogo corso d'idee); il ragazzo disse dapprima: vedo una cosa bianca senza distinguerla (precisamente come nello stato ipnotico, in cui il sonnambulo eccitato a guardare una cosa, risponde per lo più di vederla da principio indistintamente), e poi si dette a saltare e a divellersi come un ossesso (vedi stato nevropatico!) esclamando: ecco che vedo un ragazzo come me, che mi sembra essere persona piuttosto angelica (l'allucinazione era diventata completa).
Quando il pupillo era nello stato ipnotico, provocato nel modo descritto, Cagliostro gli rivolgeva talora artificiose domande, con l'intento di sapere da esso gli avvenimenti relativi a persone lontane ed alle cose future, e ne riceveva per solito le risposte che egli desiderava. Ciò egli otteneva mediante la suggestione, imperocché, come fu deposto dalla di lui moglie Lorenza Feliciani durante il processo, il più delle volte, quando nei vari paesi di Europa si accingeva ai famigerati travagli, egli conosceva di già in precedenza fatti che altri ignoravano, e sui quali si facevano poi quesiti al pupillo.
In sostanza al fenomeno naturale Cagliostro accoppiava la ciurmeria, precisamente come i magnetizzatori e i ciarlatani che vennero dopo Mesmer, i quali impudentemente vollero far credere alla chiaroveggenza a distanza, alla vera trasposizione dei sensi e ad altre simili assurdità.
La ciurmeria di Cagliostro non era però cosi spinta, e per di più era fino ad un certo punto giustificata. — Egli non faceva le operazioni magnetiche a scopo scientifico, ma si valeva di strani fenomeni naturali poco noti, per acquistare prestigio, per fare proseliti e per raggiungere un grande scopo politico, quale era quello della grande rivoluzione contro il dispotismo, che ebbe poi seguito in Francia.
E se qualche volta faceva rispondere ai suoi ipnotizzati cose che egli precedentemente sapeva, il più spesso trovava già tanto di meraviglioso nel fenomeno naturale puro, che lasciava liberi i pupilli di dare le risposte più sconclusionate del mondò, e delle quali egli stesso rimaneva sorpreso (2).
Ciò si rileva dai suoi interrogatori, nei quali, quando gli si dimandavano certi particolari relativi al travaglio con le Pupille, egli non sapeva rispondere altro, se non che di esser sicuro di non aver mai ricorso al Diavolo, nè a cose superstiziose. Del resto certe cose diceva di non poterle spiegare, ed ai suoi giudici, che volevano per forza trovare l'opera del Diavolo dappertutto, egli finiva per dire: «io non so altro rispondere, se non che vi sarà un errore in me, ed io mi perdo e non capisco niente di tutto ciò».
Che il travaglio di Cagliostro con le Pupille non fosse che un'operazione diretta a provocare l'ipnotismo, parmi cosa certa dalla descrizione datane di sopra; però che cosi fosse, è provato anche dai fatti: che Cagliostro trasmetteva a chiunque la facoltà di travagliare con le Pupille (di provocare l'ipnotismo); — che più volte ebbe ad operare con ragazze per lui nuove e condotte alla sua presenza lì per lì; — e che chiunque, anche non iniziato alla Massoneria egiziana riusciva a produrre il fenomeno, come ebbe a sperimentare un personaggio di Strasburgo, e più tardi un'altra persona altolocata di Parigi.
Se non si fosse trattato della produzione di un fenomeno naturale, ma bensì di un'impudente ciurmeria ciò non avrebbe potuto accadere.
Sul quando Cagliostro incominciasse le sue operazioni magnetiche non abbiamo dati sicuri.
Ciò che si sa di certo è, che le pratiche descritte vennero da lui insegnate ai suoi proseliti, quando dopo essersi ascritto alla Massoneria ordinaria nel suo secondo viaggio a Londra, cominciò a cercare adepti per una setta massonica nuova, che egli disse egiziana, e della quale, come accennammo da principio, si fece Gran Cofto, ossia Gran Maestro.
Anche del secondo viaggio a Londra di Cagliostro non conosciamo la data precisa; però dall'esame degli avvenimenti della vita di lui, dopo la prima gita nella stessa città, che cadde fra il 1771 ed il 1772, può dedursi, che egli incominciasse le sua propaganda massonica circa il 1776.
Questa data frattanto può farci ritenere quasi con sicurezza, che le operazioni di Cagliostro con le Pupille dovettero precedere quelle pubbliche di Mesmer, che divulgò le sue a Parigi soltanto due anni appresso, cioè nel 1778.
Ciò ne induce a domandarci: — i procedimenti diretti a procurare l'ipnotismo o il sonno magnetico furono inventati da Cagliostro? — e nel caso affermativo, l'invenzione tenne dietro a studi analoghi, o avvenne a caso? — oppure: aveva egli avuto sentore delle sperienze magnetiche già fatte privatamente in Svizzera da Mesmer, o vi fu altri che lo iniziò in quelle pratiche?
Anche su ciò non troviamo schiarimenti negli scritti pubblicati intorno a Cagliostro. A nostro avviso però l'avventuriere italiano non doveva conoscere gli sperimenti di Mesmer, poiché qualora così fosse, si sarebbe attenuto nelle sue pratiche alle modalità prescritte da quest'ultimo, le quali avevano già abbastanza del teatrale, per poter impressionare la credulità del volgo.
— Così pure non ne pare credibile, che egli inventasse dietro analoghi studi l'arte d'ipnotizzare.
Cagliostro non era uno scienziato più o meno serio come Mesmer, e quand'anche sin dalla prima gioventù si dilettasse al pari di molti altri suoi contemporanei della Cabala, dell'Alchimia, ecc., pure non risulta che egli si distinguesse per assiduità negli studi di tali arti, nè per ingegno inventivo.
L'ingegno di Cagliostro può per contrario dirsi meglio assimilativo; difatti, egli nulla ha inventato di suo; di tutto ha preso l'idea da altri, ma ha saputo coltivare quelle idee, ampliarle e trarne il maggior profìtto possibile. Le spacconate dell'altro famoso avventuriere che lo aveva preceduto, il così detto Conte di San Germano, le utopie degli ultimi alchimisti, le regole massoniche trovate in un manoscritto di Giorgio Cofton, tutto fu assimilato da lui e rimesso a nuovo, come fosse parto del suo ingegno. — Talché anche l'arte d'ipnotizzare o deve essergli stata insegnata da altri, ovvero dal caso.
Ambedue le ipotesi hanno ragione di essere.
Riguardo alla prima, è da ricordare, che Cagliostro nella sua prima giovinezza fece a Messina stretta relazione con un certo Altotas, molto dotto nelle scienze naturali e nelle lingue dell'Oriente, il quale poteva aver benissimo appreso dai fachiri indiani l'arte d'ipnotizzare, già da loro conosciuta, ed averla insegnata al giovane Balsamo suo amico ed allievo.
Rapporto alla seconda ipotesi, non è improbabile, che Cagliostro nelle prime operazioni volesse solo mistificare gli spettatori, mettendosi d'intelligenza con la Pupilla, e che in seguito, dopo aver messo fra gli apparecchi un oggetto luminoso, qual'era la bottiglia d'acqua illuminata, si trovasse ad avere la Pupilla in uno stato ipnotico, e sapesse poi trarre profitto in modo ammirabile del fenomeno naturale prodotto dal caso.
Sia però come esser si voglia, è cosa certa, che Cagliostro non si dette alle pratiche magnetiche con scopo medico o scientifico come Mesmer e più tardi altri, ma bensì con lo scopo unico di apparire un uomo superiore e dotato di potenza soprannaturale agli occhi di coloro che egli voleva aggregare alla società massonica da lui fondata.
Non perciò hanno peraltro minore importanza le operazioni di Cagliostro nella storia dell'ipnotismo. Esse furono sempre eseguite dinanzi a molte persone, e furono da lui ripetute moltissime volte in Inghilterra, in Francia, in Germania.
È naturale pertanto, che fossero conosciute da molti, e che perciò dovessero facilitare la strada alle ulteriori scoperte fatte in seguito nel medesimo campo.
Estratto dalla Gazzetta degli Ospitali
22-25 Luglio 1883, N. 58-59

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  1. Compendio della vita e delle gesta di Giuseppe Balsamo, denominato il Conte di Cagliostro, che si è estratto dal processo contro di lui formato in Roma l'anno 1790. — Questo Compendio è stato scritto da Monsignor Barberi, secondo quanto ne dice Giovanni Sforza nel Fanfulla della Domenica, Anno V. N. 18.;
  2. Un esempio di tali specie di risposte lo abbiamo nelle relazioni circa il travaglio ielle Pupille, operato in una delle Loggie fondate da Cagliostro, mandate a lui per l'interpretazione, e trovate poi fra le sue carte. Tali relazioni provano anche, che le risposte non erano dettate da convenzioni precedute, ma che erano soltanto il prodotto di un cervello posto per l'ipnotismo in condizioni speciali. Eccone alcune: Pupilla,. Io mi trovo in un luogo oscuro nell'aria .... Io vedo una spada d'oro sospesa ... Io vedo venire Leutherb . . . g. — Maestro; Dategli ordine di andarsene — Pupilla: Egli ride e dice che non vi pigliate pena. Egli apre l'abito e mi mostra una ferita in faccia al cuore; egli mi mostra un pugnale. — Maestro; È ciò secondo la volontà del Gran Cofto? Pupilla: Senza dubbio. E cava una pistola a doppia canna dalla sua saccoccia, e me la mostra ... Io vedo una stella. Io ne vedo due. Io ne vedo sette ....
    E cosi di seguito. Cagliostro interrogato sul significato di tali risposte e di altre simiglianti, rispose: Non ne ho capito e non ne capisco il costrutto, come tanti altre volti neppur gli ho capiti.
© Luigi Albano
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