Giove o Pennino - Luigi Albano

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La Leggenda di Giove o Pennino

Un antica credenza ricordara dal Thesauro, racconta che un demonio "tiranneggiava l'una e l'altra Alpi Graie e Pennine, e da quelle alti rupi come da un eccelso trono, tutte le valli erano soggette a barbarie inaudite"
La sede prediletta di quel terribiie demonio alpino si trovava, secondo la narrazione del Thesauro, sul monte che si chiamava Giove e dove si alzava una statua del sommo dio dell'Olimpo.

Gli abitanti delle valli, l'avevano buttata a terra innalzando in sua vece quella del loro dio  Penino, ma Terenzio Varone, conquistatore della Valle d'Aosta, rimise al suo posto la statua di Giove, che divenne la dimora del terribile demonio alpino, il quale derubava i passeggeri e spesso li buttava in profondi burroni.

Questo signore delle alpi era così spaventevole, che faceva impallidire al suo aspetto le stelle, tremare al suo moto la terra, vestita dalla più nera fuliggine, faceva scontrare il vento con vento e far piangere le nuvole facendo grandinare sassi.

Forse questa leggenda accenna ai saraceni che predarono a lungo su tanti varchi alpini, e nel Brevario di Aosta, citato dal Thesauro, è scritto che sull'altare del dio Giove o Pennino, i demoni facevano pagare la decima parte di quanto possedevano gli abitanti di quelle montagne, e imponevano a coloro che passavano sui pericolosi sentieri dei colli, il pagamento di forte tributo.

In ogni modo la leggenda narra che giunsero un giorno ad  Aosta nove pellegrini francesi che raccontarono lo spavento provato e i danni subiti per Ia malvagità del demonio che imperava sul monte Giove.

San Bernardo pensò subito di andarlo a combattere e salì sui monti dirupati vestito di bianco e col bastone pastorale in mano.

Terribile fu il combattimento fra il diavolo e il santo, ed accrescevano il terrore di quella scena, degna di essere descritta dal Milton " horrendi ruggiti, larve, spettri e tutto ciò che può per gli occhi mettere terrore all'anima".

Ma San Bernardo fu vittorioso ed il demonio delle Alpi precipitò in una voragine profondissima chiamata Maglio.

© Luigi Albano
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