differenzi morali - Luigi Albano

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DIFFERENZE MORALI DELLE RAZZE


Tuttavia, anche nel mondo morale, l'uniformità non è cosi completa, che tra le razze bianche e le colorate non si possano sorprendere delle differenze, almeno tanto spiccate, corne nel mondo anatomico.

Tutti sanno i viaggiatori come la sensibilità del dolore nei Negri e nei selvaggi d'America è cosi torpida, che si videro i primi segarsi, ridendo, la mano, per sfuggire al lavoro, ed i secondi lasciarsi bruciare a lento fuoco cantando allegramente le lodi della propria tribù.

Nelle iniziazioni, all'epoca della virilità, i giovani selvaggi d'America si sottopongono, senza lamento, a tali crudeli torture che farebbero morire un Europeo: si appendono con uncini per le carni al soffitto col capo all'ingiù in mezzo a dense colonne di fumo.

A questa insensibilità si devono i dolorosi tatuaggi che pochi Europei potrebbero sopportare, e l'uso di tagliarsi le labra o le dita, o cavarsi i denti nelle cerimonie funebri.

Anche la sensibilità morale sembra in essi attutita e qualche volta spenta.

I Cesari della razza gialla si chiamano Tamerlani i loro monumenti sono piramidi di teste umane seccate.

Innanzi ai supplizj chinesi (1), variati secondo l'età, il sesso e il grado della persona, impallirebbero Dionigi e Nerone.

Il N. Zelandese ha nel suo vocabolario una parola, una orribile parola, che vuol dire tradotta Uccidere un bimbo nelle viscere della madre, e poi mangiarlo.

Mangiar l'occhio e il cervello del nemico è rito religioso in Oceania.

La forza essendo il solo diritto, la sola virtù delle razze colorate, i ragazzi mostruosi, o malsani, o solo anche se troppo numerosi, vengono uccisi dal Chinese, dal Maori e dal Siamese; la povera donna diventa una schiava, spregiata, in mano del maschio, che l'obliga a lavori gravissimi in Africa ed Oceania, la storpia nella China, nella Nuova Zelanda la batte e ferisce, peggio che da noi non si usi con le bestie da soma, e le concede un alimento inferiore e diverso del proprio; nei Samojedi essa perde persino il nome proprio di cui pure è largo il marito alle sue renni (Pallas).

Il giovane Ottentotto, appena uscito d'infanzia, ha diritto di battere la propria madre, e lo fa il più spesso che può.

Nelle isole Feegee i vecchi genitori sono uccisi dai figli, i quali, quando ne credono giunto il tempo, ne danno loro l'annunzio; e dopo che in compagnia dei parenti li han trucidati, imbandiscono una lauta mensa.

Perciò Wilke non vi rinvenne uomini più vecchi di 40 anni.

L'assassinio in quest'isola si considera come un atto qualunque sociale, una transazione; e l'antropofagia un usanza cosi naturale che l'uomo è detto il lungo porco puaka balava (Lubbock Prehist. Times. London 1865).

In Australia Olfield non trovò sepolture di donne, e ne concluse i padri e i mariti le avessero colpite prima che divenissero troppo vecchie o magre, e quindi di cattivo sapore; poche volte ei ne rinvenne di vive che non fossero cariche di cicatrici nel corpo.

Nella lingua dei Peruviani v'è una parola mirca che significa mangiar il proprio padre o la propria madre; nella loro mitologia v'era un Dio od una stella pei parricidi antropofaghi, mircuik-coyllan.

Nei Tonga buono si traduce lille, cioè robusto.

Fra gli Areooiti di Tahiti, madre è sinonimo di infame.

Un giorno un convertito Dacota presentavasi ai missionarj chiedendo il battesimo ne fu respinto perchè poligamo.

Alcuni mesi dopo ritornava dicendo che non aveva più mogli, e quindi era in piena regola colla Chiesa « E che ne avvenne delle tue donne? gli domandava il buon missionario. « Io le ho mangiate rispose il neofito, (Bulletin de la Socièté d'Antropologie).

Dopo ciô è facile comprendere a quale grado sia la morale dell'uomo di colore.

Un selvaggio australiano richiesto da un Europeo che cosa fosse il bene ed il male: « Bene, rispose, è mangiare il proprio nemico, male è esserne mangiato. »

Assai analogamente sentenziava a Baker il re Commor: Buono vuol dire esser forte.

Dite a un Makolo, scrive un parziale difensore dei Negri, il Livingstone: Perchè rubi del bestiame? Egli risponde, ridendo: Non fo che levarlo via.

Speke udi un re del Kouareg ordinare al suo paggio d'ammazzargli un cortigiano, solo per provare la bontà del fucile donatogli; non passava giorno che egli non vedesse trascinate a supplizio qualcuna, alle volte tre, quattro, delle sue mogli, e sempre per cause ridicole per avergli, per esempio, offerto un fiore di propria mano.

Un Rongatura (Australe), colto per un furto e domandatogli da un viaggiatore se non temesse d'esserne punito dagli Dei: « Oh! no, disse, quando gli Dei erano in terra, facevano altretanto, e i genitori amano esser
imitati dai figli. » (Novara Reise. Anthropol. Tkeil p. 39. 1865).

Un missionario si sbracciava presso un uditorio di Negri a dimostrare i danni dell'ozio ed i vantaggi dei lavori agricoli. « Voi avete ragione, » gli rispose, alla fine del sermone, un Negro, « col lavoro noi potremo seminare intiri campi di aquavite e bere e ubriacarci. »

E per l'aquavite il Negro vende i compatrioti non solo, ma i figli e la moglie.

Galtraith dice dei Sioux: Per essi son virtù molti vizj i guerrieri si gloriano di un omicidio, fosse pure di una donna, di un bimbo o di uno storpio, come di una bella impresa, e ne descrivono i dettagli ai compagni nelle assemblee; un omicidio, anche a tradimento, è il sogno dell'ambizione di un giovane.

Nell'Africa orientale, dice Barton, non si capisce che cosa sia il rimorso; il ladro è un uomo rispettabile, l'assassino è un eroe.

I Patagoni usano mangiare le gambe dei nemici, e lasciano alle povere donne le braccia come di peggiore sapore; nell'inverno però, quando la fame gli stimola, se mancano loro nemici, prendono la donna più vecchia della tribù, la soffocano col fumo, e se la mangiano tutta (Lubbock).

Un Zelandese, a cui D'Urville rimproverava l'antropofagia, rispose: Il pesce grosso mangia il più piccolo, e l'uccello grande l'uccello più piccino; e perché l'uomo non mangerà il suo nemico quando è più debole? (id. p. 372).

Nell'Africa Australe, presso i Bechuana, quando si vuol accalappiare un leone di quelli che hanno fame di uomo, gli si mette a zimbello nella fossa un bimbo od una donna vivi, che naturalmente sono le prime sue vittime.

Per celebrare con una gran festa la memoria di suo padre, il Re del Dahomey, pochi anni fa, fece scavare un piccolo lago, tanto da pescarvi un burchiello, e lo riempiva col sangue di 2000 prigionieri appositamente raccolti dalle più deboli tribù vicine.

Cesare Lombroso

(1) Molti di questi strumenti erano nel 1867 all'esposizione di Parigi. La canga è una tinozza con 2 buchi che si fa pesare sul corpo del reo costretto ad accosciarsi nei ginocchi e nutrirsi solo col soccorso degli altri. Nel supplizio dei cartelli il reo è legato a un palo col collo serrato in una gogna. Il magistrato trae fuori un cartello in cui è dipinta la parte della persona che deve esscre colpita per la prima le ferite del carnefice continuano finchè si tragga fuori un cartello che désigna il cuore o qualche altro organo vitale. Uno degli ultimi governatori di Canton si vantava di aver decapitato 70,000 sudditi nella sola Canton. Un supplizio giapponese consiste nel legare inginocchiato il reo su alcuni tronchi e sopraporgli ai ginocchi degli enormi pesi, o nello stendere il reo fra due mole e poi premerlo come in un torchio.

(tratto da l'uomo bianco e l'uomo di colore, seconda edizione, di Cesare Lombroso, pubblicato in Firenze - Torino - Roma dai Fratelli Bocca, Librai di S.M. il Re d'Italia nell'anno 1892)
© Luigi Albano
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